mercoledì 12 novembre 2008

Siamo più incapaci di leggere o di scrivere?

Lo scrivo io che a scuola avevo sempre dei pessimi voti in italiano, si sa scrivere è un dono, ci si può allenare, ma il talento è un'altra cosa.
Dunque provo a scrivere e a farmi capire.
Sabato scorso esce sul secolo XIX, il quotidiano ligure, un articolo a proposito della chiusura di uno storico negozio del carruggio Chiavarese (e non siamo noi!)
In questo articolo vengono citati molti dei negozi che non ci sono più tra tutti anche quello della mia famiglia e citato in questo modo
"È un processo partito da molto lontano che ha visto nel tempo chiudere le tradizionali pasticcerie dove i ragazzi acquistavano le “fregugge” per poche lire. Vallebella diventato poi Bacigalupo e Ranieri, Sanguineti, Senno (ora Panarello), Protej, Dasso, Copello. Ha resistito soltanto quest’ultimo con una data di nascita incredibile: 1826. "
Da sabato mattina ad oggi almeno una sessantina di miei clienti, hanno chiesto lumi sulla chiusura, qualcuno ha persino telefonato.
Questo incredibile errore è dato dalla superficialità nel leggere sicuramente, ma anche un pò nello scrivere, nell'articolo integrale ci sono alcune foto, tra cui quella del nostro negozio, e campeggia sopra questo titolo
"Chiavari, chiudono i negozi storici"
intanto per dovere di cronica vi dirò che non chiudono i negozi storici, ma ahinoi, un negozio storico, Pompeo, una drogheria d'altri tempi quando qualche mio cliente cercava qualcosa di "strano" la mia risposta era sempre una "provato da Pompeo?"
La chiusura di un negozio storico, è una perdita per tutti, non solo per chi ne era cliente, o per chi traeva da questa attività il suo guadagno.
I negozi storici, associati nella più famosa associazione "locali storici" o indipendenti, sono dei veri e propri musei a "cielo aperto" chiunque può vedere, entrare, guardarsi attorno, ascoltare la storia del negozio e gli aneddoti, senza dover neppure pagare il biglietto, i proprietari e i gestori con la loro passione mantengono queste opere d'arte vive a disposizione di tutti, nonostante questi locali siano ormai fuori da ogni logica di mercato, siano attrezzati per servire la propria clientela come 50, 60 e anche 100 anni fa quindi con maggiori costi e minori benefici dal punto di vista economico.
Cosa ci ripaga? ci ripaga il fatto di vedere persone entrare per la prima volta fermarsi in mezzo al negozio e con un sorriso guardarsi attorno senza parlare, rimanere immobili ad osservare cosa questi pazzi abbiano conservato, e quando escono, tutti, come un vecchio disco incantato sanno dire solo una cosa
"mi raccomando non cambiate niente eh!"
Due estati fa entra una signora, è argentina, ha una certa età , con l'accento sudamericano mi dice "li fate ancora i torroncini?" (un tipo di pasta semifreddo) "certo signora" lei lo prende si siede ad uno dei tavolini e se lo gusta guardandosi attorno, ad un certo punto notiamo che la signora ha gli occhi lucidi, e le chiediamo se ha qualche problema, la risposta è disarmante " venivo in questa pasticceria con mia madre nei primi anni trenta (1930) alla domenica compravamo le paste e sempre i torroncini, poi siamo emigrati in argentina ed è la prima volta che torno in italia dal 1935 mi sembra di essere tornata indietro di 70 anni, è tutto come allora anche il torroncino."
Possiamo chiudere sapendo che qualcuno sta aspettando di tornare e ricordare la propria mamma e i torroncini?
Crediamo proprio di no, ma voi per favore leggete bene

2 commenti:

Anonimo ha detto...

bellissima,la storia dei torroncini! anche a Rimini le botteghe e i negozi storici hanno vita difficile,specialmente per colpa degli iper, centri commerciali... personalmente penso che fra qualche anno,però,nauseati da queste cattedrali nel deserto,i consumatori torneranno ai cari,vecchi bottegai amici. tenete duro! ma i torroncini,i torroncini, racconta, sono proprio così buoni come 70 anni fa? complimenti!!!!

Anonimo ha detto...

Tutte e due le cose. Effettivamente nell'articolo c'è un errore: Copello è messa nella fila delle pasticcerie che hanno chiuso e nel paragrafo dopo c'è scritto che è ancora aperta. Però chi legge dovrebbe proprio per questo accorgersi dell'errore.
Ma la superficialità e la fretta fan brutti scherzi, sia a chi scrive (e chi lo fa per mestiere dovrebbe stare molto più attento), sia a chi legge...